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Immagine del redattoreMichele Lasi

Terminologia del Fashion Sostenibile...Facciamo Ordine!



La Moda Sostenibile è una vera e propria giungla... non esistono standard riconosciuti,

le sigle e i termini sembrano cambiare di significato a seconda del contesto, più o meno chiunque si sente autorizzato a dire la sua.

In questo post cercherò di fare un po' di ordine, elencando e descrivendo i termini ricorrenti della materia. Alcuni concetti sono assolutamente "avanguardistici", non escludo di ritoccarli, rimuoverli o integrarli in futuro!


  • SVILUPPO SOSTENIBILE

Lo sviluppo sostenibile è un modello di business che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri” (Evans & Peirson-Smith, 2018)

  • MODELLO DI BUSINESS

Il modello di business descrive le logiche secondo le quali un'organizzazione crea, distribuisce e raccoglie il valore. In altre parole, è l'insieme delle soluzioni organizzative e strategiche attraverso cui l'impresa acquisisce vantaggio competitivo. Le logiche attuative del modello di business sono definitive dalla Governance Aziendale.

  • GOVERNANCE

L'insieme dei principi, delle regole e delle procedure che riguardano la gestione e il governo di una società.

  • STAKEHOLDERS

Individui o gruppi che hanno, interessi nei confronti di una impresa e delle sue attività, presenti e future, e il cui contributo è essenziale per il raggiungimento di uno specifico obiettivo dell’organizzazione. Sono gli azionisti, i clienti, i dipendenti, i fornitori, la comunità con cui l’organizzazione interagisce.

  • MODA SOSTENIBILE (SUSTAINABLE FASHION)

Il Sustainable Fashion è un modello di business che consiste nella progettazione, produzione, distribuzione, commercializzazione e utilizzo di abbigliamento e accessori moda che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri.

In altri termini termini, la moda sostenibile consiste nell'attuazione di principi di Governance che sono rivolti a soddisfare contemporaneamente 3 stakeholders principali:

- PERSONE: intese come Clienti (utilizzatori finali dei prodotti) e Personale coinvolto nel business del fashion (gli operatori, diretti e indiretti, colletti bianchi e colletti blu, ad ogni livello della supply chain, dall'estrazione delle materie prime, alla vendita, al recupero e riciclo dei prodotti)


- PIANETA: La Terra, includendo tutti gli ecosistemi, a prescindere dai continenti e dalle nazioni.

- AZIONISTI: (o Shareholders) è bene ricordarlo, con la sola eccezione delle organizzazioni No Profit, la nostra società è imperniata sul Capitalismo. In altre parole, chi fa impresa lo fa per trarne profitto!

Ne deriva che il business model del Sustainable Fashion è basato su 3 concetti cardine (i 3 Pillars): PROFIT, PEOPLE, PLANET.


  • FAST FASHION

Il Fast Fashion è un modello di business basato sulla produzione in volumi massivi di capi a basso costo e qualità, da utilizzarsi per una singola stagione. Il principi basilari del Fast Fashion sono:

-VELOCITA' del ciclo di progettazione - sviluppo - produzione - commercializzazione per seguire e replicare sul mercato i trend delle sfilate stagionali.

-PREZZI DI VENDITA estremamente accessibili per raccogliere una vasta clientela.

-BASSA QUALITA' dei prodotti per contenere i costi e assecondare prezzi competitivi.

-ALTI VOLUMI PRODUTTIVI per sostenere con elevate quantità i bassi margini unitari.

E’ il modello di business reso famoso da Zara, H&M, Benetton.

Il Fast Fashion trova fondamento sul modello economico lineare che descrivo qui di seguito.


  • MODELLO ECONOMICO LINEARE

Un modello economico lineare o a "Ciclo Aperto" è definito dalla serie di processi "Take - Make - Dispose"

- Take = Prelevare dal pianeta grandi Materie Prime Vergini.

- Make = Trasformare intensivamente le materie prime in grandi volumi di prodotto finito.

- Dispose = Gettare il prodotto dopo un utilizzo relativamente breve.


Nell’economia lineare (Ronchi, 2018) la fonte del valore è il prodotto; il profitto è pari alla differenza fra prezzo di mercato e costo di produzione; per aumentare i profitti si punta a vendere più prodotti e a minimizzare i costi di produzione, salari compresi; l’innovazione tecnologica è spesso utilizzata per rendere i prodotti rapidamente obsoleti e stimolare i consumatori ad acquistarne di nuovi. Possedere il prodotto è considerata la via normale per utilizzarlo. Farlo riparare è in genere difficile e costoso. I prodotti a fine vita o obsoleti sono considerati un peso da smaltire spendendo il meno possibile.


  • MODELLO ECONOMICO CIRCOLARE

L’economia circolare è un sistema industriale rigenerativo per programma e progetto. Sostituisce il concetto di fine vita con quello di conservazione, si sposta verso l'uso delle energia rinnovabili, elimina l’uso di sostanze chimiche tossiche, che compromettono il riutilizzo e mira all’eliminazione dei rifiuti attraverso la progettazione ad alto livello di materiali, prodotti, sistemi e, all'interno di questi, di nuovi modelli di business. (Ellen McArthur Foundation, 2012)


Nell'economia circolare (Ronchi, 2018) per soddisfare le necessità del cliente si punta oltre che all'accessibilità al prodotto, alla soddisfazione che proviene dal suo uso. Differenti segmenti di consumatori possono accedere ai servizi forniti dai prodotti a loro scelta, senza possedere i prodotti. Il contratto di fruizione del servizio fornisce un incentivo al produttore per la cura del prodotto ed anche per far ritornare il prodotto al fornitore dopo l'uso.

Nell'economia circolare si richiede –oltre a una forza lavoro in genere più specializzata - la gestione dei prodotti come beni locali, meno facilmente delocalizzabili e con minor incentivo per la corsa verso il basso nelle politiche sociali e ambientali.


  • PARADIGMA DELLE R E MODELLO 3R: REDUCE, REUSE, RECYCLE

Il paradigma delle R è un principio fondamentale dell’economia circolare poiché definisce le linee guida di “come fare” economia circolare, ovvero le strategie da attuare per portare il sistema alla circolarità. Caratteristica peculiare è che tutte attività le strategiche iniziano per la lettera R.

I paradigmi più comunemente utilizzati sono quelli delle 3R e 4R, dove però la combinazione di R può variare in numerosi modi in base agli obiettivi stabiliti e le strategie messe in atto. La direttiva europea in materia di rifiuti (Waste Framework Directive, 2008) è basata sul paradigma delle 4R – riduzione, riuso, riciclo e recupero – ed è tuttora la più utilizzata.

Nel 2017 lo studio “Conceptualizing the circular economy: an analysis of 114 definitions” ha teorizzato l’esistenza di almeno 9 strategie R e numerose combinazioni possibili di esse. Le 9 R più comunemente utilizzate sono suddivise in tre categorie in base all’obiettivo di economia circolare che supportano:


Categoria: Fabbricare e utilizzare il prodotto in maniera più intelligente

R0 Rifiutare

Rendere il prodotto superfluo abbandonando la sua funzione o offrendo la stessa funzione con un prodotto radicalmente diverso

R1 Ripensare

Fare uso intensivo di un prodotto (es: condivisione)


Categoria: Estendere la vita del prodotto e delle sue parti

R2 Ridurre

Aumentare l’efficienza nella produzione o uso dei prodotti riducendo l’uso di risorse naturali o materiali

R3 Riuso

Riuso di un prodotto scartato ancora in buone condizioni e che svolge la sua funzione originale parte di un nuovo consumatore

R4 Riparare

Riparazione e manutenzione di un prodotto malfunzionante così da poterlo utilizzare nella sua funzione originale

R5 Rinnovare

Ripristinare un vecchio prodotto e aggiornarlo

R6 Rifabbricare

Usare prodotti scartati o sue parti in un nuovo prodotto con stessa funzione

R7 Riqualificare

Usare prodotti scartati o sue parti in un nuovo prodotto con una funzione diversa


Categoria: Applicazione utile dei materiali

R8 Riciclo

Processare i materiali per ricavarne la stessa qualità o più bassa

R9 Recupero

Recupero di energia tramite incenerimento dei materiali



  • SLOW FASHION

Lo Slow Fashion, è un approccio alternativo al FAST FASHION. Il concetto consiste nel cercare di rallentare il processo produttivo per migliorare le condizioni di lavoro, rendere più trasparente l'intero ciclo produttivo, migliorare la qualità per far durare più a lungo i vestiti e promuovere un comportamento di consumo più sostenibile. La priorità della produzione si sposta dalla quantità alla qualità e non si seguono le nuove tendenze.


  • GREENWASHING

(O Meglio, l’ecologismo di facciata).

Oggi “essere green” è molto di moda. Alcune aziende pensano che basti far finta di dimostrare un attaccamento all’ambiente e al pianeta per guadagnare punti in reputazione e immagine aziendale. In sostanza, questo è il greenwashing.

Si tratta a tutti gli effetti di una pratica ingannevole, usata come strategia di marketing per dimostrare un finto impegno nei confronti dell’ambiente con l’obiettivo di catturare l’attenzione dei consumatori attenti alla sostenibilità, che oggi rappresentano una buona fetta di pubblico. Viene fatto attraverso campagne e messaggi pubblicitari o in qualche caso persino iniziative di responsabilità sociale.




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